Il periodo Brettio

Le ricerche condotte dalla metà degli anni '90, hanno individuato sul pianoro di Taureana – frazione situata pochi chilometri a nord-ovest di Palmi – assi stradali, resti di strutture abitative, piani pavimentali, canalette di scolo, dolia per derrate alimentari riconducibili secondo gli archeologi ad un'età compresa tra la seconda metà del IV ed il I secolo a. C. secoli in cui dai dati stratigrafici, fondamentali per la interpretazione di uno scavo, risultano attestate diverse fasi di vita caratterizzate da modifiche funzionali e planimetriche dell'organizzazione dell'abitato.

Il dato importante è che nei secoli centrali di questo arco di tempo vi abitarono gli italici Tauriani, i quali grazie ad un buon rapporto con i romani, conquistarono un'autonomia politi­ co-amministrativa che permise loro di avere un proprio territorio abbandonando la condizione di subordine nei confronti dei Reggini.

Dei Tauriani scrive lo storico Livio, ricordandoli tra quei Brettii che nel 213 a. C. ritornarono alleati di Roma in occasione della guerra annibalica:
"eodem tempore in Bruttiis ex duodecim populis, qui anno priore ad Poenos desciverant, Consentini et Tauriani in fidem populi Romani redierunt"
(Liv., Ab urbe cond., XXV, 1, 2)

Salvatore Settis negli anni '80 sostenne l'identificazione dei Tauriani ricordati da Livio come quelli che occuparono il territorio a sud del fiume Metauros : i risultati della ricerca scientifica tuttora in corso, sono un ulteriore elemento a favore di tale tesi.

L'identificazione e la conseguente attribuzione di una scoperta archeologica ad una entità etnica, così come la sua definizione cronologica, sono legate ed individuabili attraverso le moda­ lità e le caratteristiche delle tecniche costruttive usate. Attraverso le tipologie degli oggetti ritrovati, o grazie al for­tunato, ma non frequente rinvenimento di documentazioni epigrafiche: elementi che valutati nel loro complesso, unita­mente ai dati di scavo – ulteriormente elaborati, grazie all'impiego di diversi tipi di analisi – hanno permesso di ricostruire la vita ed i modelli insediativi nell'antichità.

Identificare una cultura autoctona quale quella italica e la sua cultura materiale, è stato ed è ancora oggi difficile, perché, fondamentalmente, gli italici assorbirono la cultura italiota, vale a dire quella dei greci che fin dall'età coloniale occuparono l'Italia meridionale. Tale premessa vale anche per i Tauriani che abitarono a sud del fiume Metauros.

Grazie alle scoperte ad oggi effettuate, tenendo conto anche del contesto territoriale di rinvenimento, sembrano indicatori di presenze italiche i cinturoni in bronzo, parte integrante dell'armatura del guerriero italico, presenti nelle sepolture di un certo rango.
Ugualmente tipico il corredo funerario costituito da oggetti in piombo quali coltelli, alari, spiedi riprodotti in scala che simboleggiano gli utensili di uso quotidiano per la cottura della carne o la presenza di vasellame bronzeo usato dai convitati durante il simposio.
Nelle sepolture femminili è documentata la presenza di fibule in argento necessarie a chiudere le vesti che costituivano l'abbigliamento funebre delle donne appartenenti al ceto superiore.
Il vasellame ceramico da contesto funerario e da abitato presenta solitamente, forme tipiche del repertorio italiota a figure rosse o con decorazioni sovradipinte nei tradizionali colori bianco, rosso e violaceo.
Importanti testimonianze in tal senso sono costituite dai rinvenimenti effettuati nel secolo scorso sul terrazzo di Torre Inferrata a Castellace, ricollegabili ad una necropoli brettia di IV secolo a. C. Ad oggi, invece, nulla si può dire circa gli usi funerari dei Brettii che abitarono il pianoro di Taureana, poiché non sono state messe in luce sepolture riconducibili a tale periodo storico.

"Dopo questa vi è la Brettia: poiché la stessa è molto prospera, il lavoro produce la tela per mantelli e vino ottimo e abbondante. Alla Brettia segue la Lucania regione prospera..."
(Expositio totius mundi et gentium, 54 Riese)

Da una parte infatti avvenne che la montuosa Lucania offrisse in pagamento suini, dall'altra che I Bruttii fornissero mandrie di buoi provenienti dai flo­ridi allevamenti locali..."
(Cassiod., Var., XI, 39, 3)

Dalle fonti storiche sembra tratteggiarsi un impegno quotidiano nella vita dei Brettii: allevatori, pastori, abituati a tagliare legna e lavorare nei boschi. Popolazioni forti dunque, non solo dedite alla guerriglia e al brigantaggio secondo, quanto tramandato da una parte della tradizione letteraria (tra gli altri, Strabone e Diodoro) a loro ostile che li identificava come schiavi fuggitivi, particolarmente rozzi, un tempo pastori dei Lucani.

"Il popolo suddetto ha ricevuto il nome dai Lucani: infatti questi ultimi chiamano <Brettii> i ribelli. Questi Brettii dunque, che prima erano dediti alla pastorizia ed al servizio dei Lucani, essendo poi divenuti liberi per l'indulgenza dei loro padroni, si ribellarono..."

(Strab. Geogr., VI 1, 4, C 255)

Lo stile di vita dei Brettii — società in cui la donna sembra ricoprisse un ruolo significativo — si confaceva alle caratteristiche del territorio a sud del Metauros, dove si sussegue una serie di terrazzi collinari, coltivabili fino a raggiungere l'aspro, ma affascinante Aspromonte, considerato un'ulteriore risorsa economica per la ric­ chezza di legname e di pascoli che consentivano anche la produzione e la vendita del latte. I boschi aspromontani per i Brettii erano importanti anche per l'estrazione e la vendita della pece.

"I Brettii occupano il territorio interno fra i Locresi ed i Reggini nel quale si produce la pece migliore e più abbondante"
(Chrestomathiae e Strabonis Geographicorum, VI 12)

Questa resina vegetale era molto usata nell'antichità per impermeabilizzare botti o contenito­ri, per la costruzione delle navi, per realizzare i calchi nella statuaria bronzea o ancora in ore ficeria per fabbricare le lamine a sbalzo. Pura o come componente, la pece brettia veniva impiegata anche nella cosmesi, in campo medico come attestato da Plinio il Vecchio, da Teodoro Prisciano o da Scribonio Largo nel suo volume di Ricette mediche, ed anche nel campo veterinario.
Plinio nell'opera Naturalis Historia raccomanda in particolare, l'uso della pix Bruttia per i recipienti da vino e per sigillare i loro tappi (Plinio, N. H., XIV, 127; XIV, 135).

Il prosieguo della ricerca archeologica potrebbe mettere in luce piccoli nuclei insediativi dispersi nell'area occupata dai Brettii, tipici di questi gruppi italici, così come testimoniato dalle indagini effettuate nell'area tirrenica settentrionale della Calabria.

A differenza dei siti scelti solitamente dai Brettii per la fondazione dei loro centri, località interne e più facilmente difendibili, dove era possibile sfruttare al massimo le tradizionali fonti di sostentamento, i Tauriani che abitarono a sud dell'odierno fiume Petrace, scelsero anche un sito prospiciente il mare. Una scelta legata alla volontà di controllare e partecipare più facilmente ai traffici commerciali, probabilmente favorita dall'esisten­za di un porto che, secondo alcuni studiosi, aveva sosti­tuito l'approdo fluviale del Metauros non più in uso.
Un caso particolarmente fortunato per l'attribuzione al populus brettio dei Tauriani dell'abitato sul pianoro Taureana e di quello di località Mella è il rinvenimen­ to nel corso delle ricerche, del loro etnico impresso sui laterizi e sui coppi delle canalette di scolo. I dati stratigrafici dello scavo di Mella permettono di datare la messa in opera della tubatura bol­ lata lungo una delle strade, pavimentata in ciottoli fluviali, in una fase avanzata del II secolo a. C. I dati utili per Taureana collocano l'obliterazione della fase d'uso della canaletta con bolli alla fine del I secolo a. C.

L'avvio, negli anni '80, delle ricerche archeologiche in contrada Mella di Oppido ha fatto sì che l'area indagata sistematicamente sia già di discreta estensione offrendo la possibilità di definire gli elementi caratterizzanti del centro italico dal punto di vista urbanistico.

Si tratta di un impianto, distinto in due nuclei raccordati da un percorso naturale di dorsale, in uso dagli inizi del II secolo a. C. ai primi decenni del I secolo, preceduto da una pianificazione sistematica dell'area, che necessitò di opere di terrazzamento per la regolarizzazione del terreno. L'abitato, organizzato secondo moduli planimetrici regolari, era attraversato dalle plateiai, assi stradali principali nord-sud, lungo i quali si affacciava­ no le abitazioni orientate est-ovest e raggruppate in isolati, i cui limiti erano definiti dagli stenopoi, assi stra­ dali di minore larghezza. Un ambitus che suddivideva longitudinalmente l'isolato, permetteva il deflusso delle acque piovane dai tetti degli edifici.

Le abitazioni, a pianta quadrata, presentano la tradizionale organizzazione degli ambienti, di cui non sempre i dati di scavo hanno definita la funzione, disposti attorno ad un cortile centrale. Le tecniche ed i materiali scelti per la costruzione delle case sono confrontabili con quelle già note nell'edilizia magno-greca di età ellenistica: per lo zoccolo di fondazione si utilizzarono ciottoli fluviali, la cui assisa superiore risultava talvol­ ta regolarizzata da un piano di tegole frammentarie disposte orizzontalmente, per l'elevato fu adoperato il mattone crudo; la copertura dei tetti era costituita da laterizi raccordati da coppi e sostenuta da travi lignee, come documenterebbe la grande quantità di tali manufatti ritrovati tra i crolli.

L'abitato brettio di Taurianum, allo stato della ricerca condotta con sistematicità a partire dalla seconda metà degli anni '90 e tuttora in corso, è stato individuato nel settore centrale del pia noro, ad ovest della linea ferroviaria.

Sulla base dei dati acquisiti con le indagini, così come a Mella, il centro sembra rispondere agli stessi criteri di suddivisione ed organizzazione regolare degli spazi urbani fin dal suo primo impianto, cronologicamente compreso tra la fine del IV/inizi III secolo a. C., secondo assi stradali ortogonali orientati nord-sud/est-ovest.

Uno degli assi nord-sud, di cinque metri di larghezza, riconducibile alla fase di pieno III secolo, è stato messo in luce unitamente ad una serie di vani abitativi e canalette quadrangolari di scolo sul limitare ovest del pianoro, contraddistinto dalla presenza della torre cinquecentesca di avvistamento di Pietrenere.

Le ricerche future serviranno per conoscere l'estensione complessiva dell'abitato brettio, oggi maggiormente indagato proprio lungo il limitare ovest, dove i moderni muri di terrazzamento, vengono realizzati dai contadini con materiali antichi di reimpiego, come frequentemente accade in aree archeologiche.

Entrambi gli abitati brettii sembrano caratterizzati da diverse fasi costruttive; da una tipologia di edilizia pri­ vata che prevede nella disposizione dei vani il cortile al centro; dall'utilizzo di alcune tecniche murarie simili come le murature a secco o quelle che prevedono anche l'impiego di laterizi frammentarii al fine di rego­larizzare la muratura stessa.

Strette somiglianze si riscontrano anche tra i materiali: ad esempio, tra le tipologie del vasellame acromo da cucina o in quelle del vasellame a vernice nera da mensa, o ancora tra le anfore da trasporto. Documentato l'uso dei dolia, anche di grandi dimensioni per conservare gli alimenti nei magazzini. A conferma che il prosieguo della ricerca archeologica sul pianoro di Taureana restituirà testi­ monianze importanti per la storia del sito italico di Taurianum, le campagne di scavo dell'estate del 2004 hanno messo in luce un tratto delle mura di cinta in blocchi calcarei isodomi dell'abitato brettio di I s ecolo a. C., sul ciglio nord del pianoro, a qualche metro dai resti delle antiche case.

Differentemente da quanto accade per l'abitato di Mella, Taurianum vive fino alla seconda metà avanzata del I secolo a. C., quando la presenza romana, divenuta ormai preponderante, ne fa uno dei suoi centri costieri.